CCNL: quando il giudice può discostarsi salario minimo determinato dal contratto collettivo

Articolo di Andrea Scotto

La Corte di Cassazione è intervenuta con sentenza n. 27711 del 2 ottobre 2023 sul dibattito inerente al salario minimo individuato dalla contrattazione collettiva.

Nella succitata sentenza viene affermato che quando il salario minimo, ancorché individuato da un CCNL leader di categoria, risulti comunque insufficiente rispetto ai parametri stabiliti dall’art. 36 della Costituzione, il giudice può servirsi, a fini parametrici, del trattamento retributivo previsto da altri contratti collettivi di settori affini o per mansioni analoghe riconoscendo al lavoratore le differenze retributive maturate.

Motivi della decisione

Preliminarmente gli Ermellini chiariscono che l’art. 36, co. 1 Cost. garantisce ai lavoratori il diritto:

– ad una retribuzione “proporzionata” alla quantità e alla qualità dell’attività prestata;

– ad una retribuzione “sufficiente”, vale a dire ad “una retribuzione non inferiore agli standard minimi necessari per vivere una vita a misura d’uomo”, ovvero ad “una ricompensa complessiva che non ricada sotto il livello minimo, ritenuto, in un determinato momento storico e nelle concrete condizioni di vita esistenti, necessario ad assicurare al lavoratore ed alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa” e non solo “non povera”.

E’ parere della S.C., dunque, che il giudice di merito, a domanda, non possa sottrarsi a valutare la conformità delle retribuzioni corrisposte ai lavoratori ai criteri cogenti previsti dall’art. 36 Cost.

La circostanza, poi, che la retribuzione effettivamente corrisposta al lavoratore sia conforme a quella stabilita dal CCNL siglato dai sindacati maggiormente rappresentativi, non è comunque ostativa alla denuncia per violazione dell’art. 36 Cost. Difatti, non si può escludere con assoluta certezza che anche tale retribuzione sia al di sotto del salario minimo costituzionale.

Il giudice di merito gode, ai sensi dell’art. 2099 c.c., di un’ampia discrezionalità nella determinazione della giusta retribuzione potendo discostarsi (in diminuzione ma anche in aumento) dai minimi retributivi della o contrattazione collettiva e potendo servirsi di altri criteri di giudizio e parametri differenti o da quelli collettivi (sia in concorso, sia in sostituzione), con l’unico obbligo di darne puntuale e adeguata motivazione rispettosa dell’art. 36 Cost.

In virtù dell’integrazione del nostro ordinamento a livello europeo ed internazionale, l’attuazione del precetto del giusto salario costituzionale è divenuta un’operazione che il giudice deve effettuare considerando anche le indicazioni sovranazionali e quelle provenienti dall’Unione Europea e dall’ordinamento internazionale (es. Direttiva UE 2022/2041 del 19 ottobre 2022 relativa a salari minimi adeguati nell’Unione europea).

Considerata l’inderogabilità dell’art. 36 Cost., la S.C. ribadisce che il riferimento al salario previsto dal CCNL integra solo una presunzione relativa di conformità alla Costituzione, suscettibile, pertanto, di accertamento contrario da effettuare anche nell’ambito dell’esame del ricorso presentato dal lavoratore che ne deduce l’inadeguatezza.

Principi di diritto

Dalla sopra citata sentenza della Suprema Corte si possono ricavare i seguenti principi di diritto che andranno, dunque, osservati in futuro:

– nell’attuazione dell’art. 36 della Cost. il giudice, in via preliminare, deve fare riferimento, quali parametri di commisurazione, alla retribuzione stabilita dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria, dalla quale può motivatamente discostarsi, anche ex officio, quando la stessa entri in contrasto con i criteri normativi di proporzionalità e sufficienza della retribuzione dettati dall’art. 36 Cost., anche se il rinvio alla contrattazione collettiva applicabile al caso concreto sia contemplato in una legge, di cui il giudice è tenuto a dare una interpretazione costituzionalmente orientata;

– ai fini della determinazione del giusto salario minimo costituzionale il giudice può servirsi a fini parametrici del trattamento retributivo stabilito in altri contratti collettivi di settori affini o per mansioni analoghe;

– nell’opera di verifica della retribuzione minima adeguata ex art. 36 Cost. il giudice, nell’ambito dei propri poteri ex art. 2099, 2° comma c.c., può fare altresì riferimento, all’occorrenza, ad indicatori economici e statistici, anche secondo quanto suggerito dalla Direttiva UE 2022/2041 del 19 ottobre 2022.

Fonte: IPSOA, articolo del 11.10.2023, “Salario minimo: quando il giudice può discostarsi dalla retribuzione individuata dal CCNL” di Vitantonio Lippolis

Foto di Pixabay

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