CCNL: l’INL può imporre un altro contratto collettivo migliorativo sotto il profilo retributivo?

Articolo di Andrea Scotto

A seguito di ricorso presentato da una società cooperativa, Il Tar Lombardia con sentenza del 4 settembre 2023, n. 2046, ha annullato il provvedimento dell’INL (Ispettorato Nazionale del Lavoro) in quanto il CCNL da applicare ai propri dipendenti – in assenza di un salario minimo previsto per legge – rientra nella scelta discrezionale del datore di lavoro e l’Ispettorato del Lavoro non può, pertanto, imporre un altro contratto collettivo modificativo in melius sotto il profilo retributivo.

Disposizioni del personale ispettivo: competenza e ambito d’applicazione

Il personale dell’Ispettorato Nazionale è investito di potere di disposizione.

Detto potere consiste nella facoltà di poter adottare, a carico del datore di lavoro ispezionato, un provvedimento di disposizione immediatamente esecutivo reso obbligatorio dalla legge.

Si tratta di un provvedimento, elaborato in forma scritta dal personale ispettivo, col quale si “ordina” al datore di lavoro di eliminare le irregolarità accertate entro un certo lasso temporale (di solito trenta giorni, fatte salve eventuali necessità ampliative da valutare di volta in volta in ragione della natura della violazione accertata) pena l’applicazione, in caso di inottemperanza, di una sanzione.

Allo scopo di rendere più efficace il provvedimento, il Legislatore ha riscritto completamente l’art. 14 del D.Lgs. n. 124/2004 estendendone il possibile impiego a tutti i casi in cui le irregolarità in materia di lavoro e legislazione sociale non comportino già l’applicazione di una sanzione amministrativa o penale.

Di fatto, col “nuovo” provvedimento di disposizione, da un lato è stata semplificata l’attività di controllo, dall’altro si è resa più agevole la regolarizzazione da parte dei datori di lavoro delle inosservanze in materia di lavoro e legislazione sociale, con conseguente apprezzabile incremento della tutela sostanziale a favore dei lavoratori.

L’Inl, con la circolare n. 5/2020, ha fornito le indicazioni operative per il corretto utilizzo del potere di disposizione come modificato.

Com’è noto, in materia di vigilanza sui profili di salute e sicurezza sul lavoro, l’art. 13 del D.Lgs. n. 81/2008 e smi (Tusl) determina una competenza ripartita fra vari Organi e, fra questi, in primis a favore delle Asl/Regioni.

Conseguentemente, in tale ambito, qualora il provvedimento di diposizione venga emanato dagli Ispettori Asl ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. n. 520/1955 o dell’art. 302- bis del Tusl, l’eventuale ricorso – ai sensi dell’art. 21, della legge n. 833/1978 – andrà presentato al Presidente della Giunta regionale di riferimento che, sentite le Organizzazioni sindacali, deciderà entro i quindici giorni successivi (anche in questo caso vige il principio del silenzio-rigetto).

Utilizzo legittimo: esemplificazioni

L’INL, al fine di indirizzare correttamente l’operato del personale ispettivo, ha dapprima evidenziato, con la citata circolare n. 5/2020, come il potere di disposizione possa trovare applicazione in relazione al mancato rispetto tanto di norme legali quanto di disposizioni contenute nel contratto collettivo applicato, anche di fatto, dal datore di lavoro.

Tuttavia, in quest’ultima ipotesi – fatte salve alcune limitate eccezioni – l’adozione del provvedimento di disposizione va circoscritto alle previsioni contenute nella parte economica e normativa del Ccnl (e non, di norma, anche di quella c.d. “obbligatoria”); successivamente ha elaborato, con la nota n. 4539 del 15 dicembre 2020, il seguente elenco (non esaustivo) e meramente indicativo di ipotesi applicative del provvedimento in esame.

Limiti ed esclusioni

L’INL ha chiarito che l’adozione del provvedimento dispositivo va esclusa, fra l’altro, qualora si tratti di obblighi che trovano la loro fonte in via esclusiva in una scelta negoziale delle parti (es. contratto individuale di lavoro/lettera d’assunzione).

Ancorché ipotizzato nell’elenco sopra riportato (allegato alla citata nota n. 4539/2020), si nutre più di un dubbio, invece, in merito alla possibilità di adottare il provvedimento di che trattasi nel caso di omessa o incompleta consegna del CUD (oggi CU) al lavoratore.

Tale obbligo del sostituto d’imposta, difatti, rientra nella diversa disciplina fiscale ed è sanzionabile, da parte dell’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’art. 11, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 471/1997.

Il Tar Friuli-Venezia Giulia, con la sentenza n. 155 del 18 maggio 2021 (3), ha affermato che l’inquadramento dei lavoratori in una categoria contrattuale diversa da quella asseritamente spettante, in forza delle mansioni esercitate secondo il Ccnl applicabile, non rientra tra le irregolarità in materia di lavoro e legislazione sociale che possono essere contestate dall’Ispettorato nell’esercizio del potere di disposizione.

A parere del Collegio difatti, diversamente opinando, si finirebbe per consentire all’Ispettorato di
sindacare l’esercizio del potere direttivo del datore e di imporre, sotto la minaccia della sanzione
pecuniaria, una determinata e permanente conformazione al rapporto di lavoro.

Per tali ragioni, il Tribunale ha accolto il ricorso ed ha conseguentemente annullato il verbale ispettivo, in quanto viziato da eccesso di potere, per avere l’Amministrazione agito oltre i limiti previsti per il provvedimento dispositivo di cui all’art. 14 del D.Lgs. 124/2004.

Sul tema della congruità retributiva

Sul tema della congruità retributiva rispetto ai canoni costituzionali e sulla conseguente, eventuale, applicazione di un contratto collettivo alternativo, va registrata una posizione di segno diametralmente opposto assunta dal Tribunale di Catania, sezione lavoro, con sentenza del 21 luglio 2023.

Difatti, con riferimento al Ccnl «Vigilanza e servizi fiduciari», il Giudice etneo, con sentenza del 21 luglio 2023, ha asserito come, nonostante la retribuzione oraria di euro 4,607 lordi corrisposta ad un lavoratore inquadrato come usciere fosse conforme ai parametri minimi dettati dal suddetto Ccnl applicato al rapporto di lavoro, il compenso risultasse comunque notevolmente inferiore rispetto a quello previsto da altri contratti collettivi stipulati dai sindacati rappresentativi nel settore o di settori analoghi per le medesime mansioni.

Conseguentemente, condividendo le tesi già sostenute da altri Tribunali di merito e sulla base di alcune dettagliate valutazioni comparative, il Tribunale ha affermato che il Ccnl Vigilanza Privata – sezione Servizi Fiduciari prevede una retribuzione inidonea a soddisfare i canoni fissati dall’art. 36 Cost.

Conseguentemente, per definire la retribuzione adeguata da corrispondere al ricorrente, il Tribunale catanese ha individuato, come parametro di riferimento, un altro Ccnl (nel caso di specie quello per i dipendenti da Proprietari di fabbricati) che, per le mansioni svolte e per il livello di inquadramento attribuibile al lavoratore ricorrente, prevede una retribuzione oraria lorda pari a euro 7,04 ritenuta maggiormente congrua e ragionevole ai fini della determinazione della retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato dal ricorrente e sufficiente a garantire un’esistenza libera e dignitosa.

Fonte: Wolters Kluwer Italia, approfondimento 38/2023, “Potere di disposizione e Ccnl:
limite della scelta negoziale” di Vito Lippolis

Foto di Pixabay

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