Assunzioni donne svantaggiate: condizioni e limiti per i datori di lavoro

Esonero fino a 8.000 euro sulla contribuzione a carico del personale femminile svantaggiato assunto nel 2023

I datori di lavoro che nell’anno 2023 assumono personale femminile in condizioni di svantaggio possono beneficiare dell’esonero contributivo fino a 8.000 euro di sconto sulla contribuzione a loro carico previsto dalla legge di Bilancio.

L’art. 1, comma 298, della legge di Bilancio 2023 (l. n. 197/2022), proroga l’efficacia della disposizione contenuta nell’art. 1, comma 16, della legge n. 178/2020 che prevede agevolazioni in favore dei datori di lavoro che assumono personale femminile che si trova in determinate condizioni di svantaggio, durante tutto il 2023 (1° gennaio – 31 dicembre).

Per poter accedere al suddetto beneficio è necessario il rispetto di requisiti di carattere generale e che l’assunzione comporti un incremento occupazionale netto rispetto alla media dei 12 mesi precedenti.

Detto beneficio è subordinato all’autorizzazione della Commissione Europea e, pertanto, non è immediatamente fruibile.

Beneficiari

I datori di lavoro destinatari del beneficio sono:

– tutti i datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori (quali, ad esempio, gli studi professionali), compresi quelli del settore agricolo;

– enti pubblici economici, gli IACP trasformati in enti pubblici economici da leggi regionali, gli enti privatizzati trasformati in società di capitali, pur se interamente pubbliche, le ex IPAB, le aziende speciali costituite anche in consorzio ex articoli 31 e 114 del D.Lgs. n. 267/2000, i consorzi di bonifica, i consorzi industriali, gli enti morali e quelli ecclesiastici.

Donne svantaggiate

Le donne portatrici dei benefici sono quelle definite come “svantaggiate” dalla L. n. 92/2012:

– donne con almeno 50 anni di età e disoccupate da oltre 12 mesi;

– donne di qualsiasi età, residenti in Regioni ammissibili ai finanziamenti nell’ambiti dei Fondi strutturali dell’Unione Europea privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi;

– donne di qualsiasi età che svolgono professioni o attività lavorative in settori economici caratterizzati da un’accentuata disparità occupazionale di genere e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi;

– donne di qualsiasi età, ovunque residenti, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi. E’ necessario verificare se nei 2 anni antecedenti l’assunzione la lavoratrice non abbia svolto un’attività di lavoro subordinato legata ad un contratto di almeno 6 mesi o un’attività di collaborazione coordinata e continuativa la cui remunerazione annua sia superiore a 8.145 euro o un’attività di lavoro autonomo tale da produrre un reddito annuo superiore a 4.800 euro (v. circolare INPS n. 32/2021);

Il concetto di “lavoro regolarmente retribuito” non riguarda soltanto la possibilità che la prestazione sia avvenuta “in nero”.

Nozione di “lavoro regolarmente retribuito” (Decreti Ministeriali nel 2013 e nel 2017): coloro che negli ultimi 6 mesi o non hanno lavorato come subordinati o hanno prestato attività come subordinati o come prestazioni riconducibili ad attività lavorativa autonoma o parasubordinata dalla quale derivi un reddito inferiore al reddito annuale minimo personale escluso da imposizione (cfr. circolare n. 34/2013 del Ministero del Lavoro).

Il requisito, pertanto, deve essere valutato sotto il profilo della durata per il rapporto subordinato o del compenso per gli autonomi o i parasubordinati e deve sussistere al momento dell’assunzione

Quali sono i rapporti che consentono la fruizione delle agevolazioni che non possono essere sospese, se non in caso di assenza obbligatoria dal lavoro per maternità? Essi sono:

– il contratto a tempo determinato, con l’incentivo che si fruisce per un massimo di 12 mesi;

– il contratto a tempo indeterminato con il beneficio che si “gode” per 18 mesi;

– il contratto a tempo indeterminato a seguito di trasformazione di un contratto già agevolato: in questo caso la durata complessiva de beneficio è per 18 mesi. In tal caso è possibile, in attuazione del comma 30 dell’art. 2, della legge n. 92/2012, la restituzione del contributo addizionale dell’1,40%.

Il beneficio non è fruibile in caso di assunzione con contratto di lavoro intermittente, sia pure a tempo indeterminato, in quanto non vi è stabilità nel lavoro e le prestazioni, saltuarie ed episodiche, dipendono, unicamente, dalla “chiamata” del datore di lavoro.

Importo dell’agevolazione

L’agevolazione è garantita fino ad un tetto massimo di 8.000 euro annui sulla quota a carico del datore di lavoro, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.

A differenza di altri benefici incentivanti, l’agevolazione comprende anche i contributi ed i premi assicurativi INAIL (cfr. circolare n. 34/2013 Ministero del Lavoro e circolare n. 28/2004. INAIL).

L’esonero contributivo non va esteso alla contribuzione minore che va versata, se dovuta, ovverosia:

– contributo, al Fondo per l’erogazione ai lavoratori del settore privato dei trattamenti di fine rapporto ex art. 2120 c.c. (art. 1, comma 755 della legge n. 296/2006);

– contributo, ai fondi bilaterali, al FIS ed ai Fondi delle Province Autonome di Trento e Bolzano, previsti dal D.Lgs. n. 148/2015;

– contributo dello 0,30% in favore dei Fondi interprofessionali per la Formazione continua ex art. 118 della legge n. 388/2000;

– contributo, ove dovuto, per il Fondo del settore del trasporto aereo e dei servizi aeroportuali;

– contribuzioni non previdenziali concepite per apportare elementi di solidarietà alle gestioni previdenziali di riferimento;

– contributo di solidarietà sui versamenti destinati alla previdenza complementare e/o ai fondi di assistenza sanitaria ex D.L. n. 103/1991;

– contributo di solidarietà per i lavoratori dello spettacolo ex art. 1, commi 8 e 14, del D.Lgs. n. 182/1997;

– contributo di solidarietà per gli sportivi professionisti ex art. 1, commi 3 e 4, del D.Lgs. n. 166/1997.

Condizioni e obblighi per la fruizione del beneficio

La fruizione del beneficio è subordinata al rispetto di una serie di condizioni di carattere generale:

– il datore deve essere in regola con il DURC che, dal 1° gennaio 2022 per effetto dell’art. 40-bis del D.Lgs. n. 148/2015, comprende anche, per le imprese che vi rientrano, il versamento dovuto per gli ammortizzatori sociali ai Fondi bilaterali previsti dagli articoli 26, 27 e 40;

– il datore non deve aver violato norme fondamentali a tutela delle condizioni di lavoro (citate nell’allegato al primo D.M. che ha disciplinato il DURC) e deve rispettare gli altri obblighi di legge;

– il datore è tenuto ad applicare gli accordi e contratti collettivi nazionali, nonché quelli territoriali o aziendali, sottoscritti dalle Organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Ma gli obblighi del datore di lavoro non finiscono qui, in quanto anche l’art. 31 del D.Lgs. n. 150/2015 deve essere rispettato.

Infatti, il beneficio non spetta:

– se l’assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente stabilito dalla legge o dalla contrattazione collettiva: tale disposizione vale anche nel caso in cui la lavoratrice avente diritto all’assunzione venga utilizzata attraverso un contratto di somministrazione;

– se l’assunzione viola un diritto di precedenza previsto dalla legge o dal contratto collettivo (si pensi, ad esempio, al diritto di precedenza esternato per iscritto ex art. 24 del D.L.vo n. 81/2015 da una lavoratrice o un lavoratore con precedente contratto a tempo determinato, o a un lavoratore (o lavoratrice) licenziato per giustificato motivo oggettivo nei sei mesi precedenti secondo la previsione dell’art. 15, comma 6, della legge n. 264/1949, o ad un dipendente non transitato a seguito di cessione di azienda presso il nuovo datore, il quale per dodici mesi è titolare di tale diritto, come ricorda l’art. 47, comma 6, della legge n. 428/1990;

– se presso il datore di lavoro o l’utilizzatore con contatto di somministrazione siano in atto sospensioni per crisi o riorganizzazione aziendale a meno che l’assunzione programmata non sia per un livello completamente diverso da quello dei lavoratori in integrazione salariale straordinaria o sia destinato a prestare attività in una unità produttiva diversa da quella interessata alla sospensione;

– se la lavoratrice neo assunta risulti essere stata licenziata nei 6 mesi antecedenti da un datore di lavoro che, al momento del licenziamento, presentava assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli del datore di lavoro assumente, o risultava con quest’ultimo in rapporto di collegamento o controllo.

Ma, l’incentivo in favore delle donne svantaggiate deve sottostare ad un altro adempimento previsto nella norma originaria inserita nell’art. 4 della legge n. 92/2012: l’assunzione deve comportare un incremento occupazionale netto rispetto alla media dei 12 mesi precedenti, secondo le indicazioni fornite sia dall’art. 2, punto 32, del Regolamento UE n. 651/2014, che dalla Corte di Giustizia Europea con la sentenza n, C-415/07 del 2009 ove si afferma che la valutazione dell’incremento discende confrontando “il numero medio di Unità di Lavoro Annuo (U.L.A.) dell’anno precedente all’assunzione con il numero medio di U.L.A. dell’anno successivo all’assunzione”.

Nella valutazione dell’incremento occorre inserire anche i lavoratori dipendenti con contratto a tempo determinato, intermittente o a tempo parziale che vanno computati alla luce, rispettivamente, degli articoli 27, 18 e 9 del D.Lgs. n. 81/2014.

In passato, il Ministero del Lavoro con la circolare n. 34/2014 chiarì che il datore di lavoro deve verificare la forza presente nei 12 mesi successivi e non fare una valutazione sull’occupazione “stimata”: ciò significa che il beneficio non viene riconosciuto per i mesi in cui tale incremento non si è realizzato.

L’agevolazione, comunque, viene riconosciuta pur se l’incremento non si è realizzato perché nel periodo sotto osservazione si sono resi vacanti posti di lavoro per:

– dimissioni volontarie, che nel nostro Paese sono quelle telematiche ex art. 26 del D.Lgs. n. 151/2015 e conseguente D.M. applicativo, oppure quelle “protette” rese avanti ad un funzionario dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro ex D.Lgs. n. 151/2001 che, per effetto dell’art. 27-bis introdotto dal D.Lgs. n. 105/2022, comprende anche i padri in congedo obbligatorio di paternità, quelle definite in sede di conciliazione avanti ad uno degli organi deputati ex articoli 410 e 411 cpc, in sede giudiziale o in sede di negoziazione assistita;

– invalidità;

– pensionamento per raggiunti limiti di età, dizione che dovrebbe comprendere anche forme di pensionamento anticipato (quota 103, opzione donna, ape sociale, etc.) previste dall’ordinamento;

– riduzione volontaria dell’orario di lavoro realizzabile attraverso accordi di trasformazione dei rapporti da tempo pieno a tempo parziale, come previsto dall’art. 8 del D.Lgs. n. 81/2015;

– licenziamento per giusta causa.

Foto di Pixabay

Fonte: Ipsoa, articolo del 4 gennaio 2023, “Assunzioni agevolate del personale femminile: condizioni e limiti per i datori di lavoro” di Eufranio Massi

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